Dall’edilizia selvaggia alla regolamentazione attraverso un’urbanistica
studiata e disegnata. Oltre cinquant’anni di storia per giungere alla Rossano
di oggi. Che per molti versi presenta il volto di una città moderna e
funzionale, custodendo e racchiudendo al suo interno le testimonianze di come,
nel tempo, si sia evoluta la fabbrica del mattone. Territorio in mano a poche
famiglie, le cui strategie imprenditoriali hanno solo in minima parte prodotto
effetti positivi. Negli anni ’60 gran parte di quello che è oggi lo scalo si
presenta come una immensa distesa di ulivi che, pian piano, inizia a lasciare
il posto agli insediamenti abitativi. I tempi cambiano, così come le esigenze,
e dal centro storico, ma anche da alcuni centri dell’hinterland, si comincia a
scendere in pianura. Si sviluppano le prime attività commerciali e si ha
necessità di essere più vicini alla rete ferroviaria, all’epoca validissimo
mezzo di trasporto, per accorciare anche i tempi della consegna merci e potersi
spostare in maniera più agevole.
E così nascono i primi edifici urbani, all’inizio veri e propri agglomerati
sparsi, rispondenti a quello che era l’obiettivo primario: avere un’abitazione.
Erano anni felici per i costruttori, non esistevano norme edilizie, non erano
previste autorizzazioni, si costruiva liberamente, senza rispettare la distanza
di sicurezza tra un edificio e l’altro. Sono gli anni in cui iniziano a
prendere forma gli insediamenti su via Roma, via Milano e la zona a monte di
via Nazionale.
Il 1 settembre del 1967 entra in vigore la norma che prevede il rilascio della licenza
edilizia da parte del Comune, sulla base dei dettami del Codice
civile. Gli edifici iniziano, quindi, ad essere costruiti seguendo alcuni
criteri. Dai primi anni Settanta viene introdotto un nuovo strumento, che
regolerà lo sviluppo urbanistico cittadino per oltre un ventennio: il Regolamento
Edilizio con annesso Programma di Fabbricazione (approvato con
D.P.G.R. N° 737 DEL 2/7/1975). Dalla seconda metà degli anni settanta fino al
1993 si costruisce sulla base di quanto previsto dal Pdf, che è soggetto ai
piani attuativi fra cui il PEEP che ha consentito di realizzare alloggi di
edilizia economica e popolare nelle zone di Donnanna e Matassa, non prevede
vincoli e, sostanzialmente, è deciso dalla politica. Sono questi gli anni in
cui si sviluppa la maggior parte dell’impianto urbanistico dello scalo.
Non siamo ancora in presenza di una edilizia programmata, si costruisce sulla
base di progetti standard, ma si introducono norme che disciplinano le distanze
dalle strade e dai confini nonché l’altezza dei fabbricati. Le aree edificabili
sono soggette al Piano pluriennale di attuazione (Ppa). In questo
periodo vengono realizzati gli insediamenti di via Nazionale, via Lazio, via
Sicilia, via Aldo Moro, Donnanna, Petra, viale Luca De Rosis, viale
Michelangelo, via dei Normanni. Lo scalo prende forma e inizia a delinearsi per
gran parte di quel che è oggi. È il periodo del “boom” economico, con il
settore dell’agricoltura e la nascita della Centrale Enel di contrada Cutura
che danno lavoro e producono reddito, consentendo a molti di investire
nell’edilizia che crea ulteriore indotto. E anche negli anni successivi è
sempre l’edilizia a muovere la maggior parte dell’economia. Un periodo, questo,
che se paragonato alla situazione attuale fa emergere in tutta la sua
drammaticità non solo gli effetti della crisi economica ma anche la progressiva
spoliazione subita dal territorio, dove ora tutto si è paralizzato.
Tornando alla storia, nel 1993 viene adottato per la prima volta il Piano
regolatore generale (Prg), che sarà poi definitivamente approvato nel 2001.
Si giunge, quindi, ad una urbanistica programmata e pianificata, con una
logica, anche sul piano estetico, e massima attenzione al sistema viario.
Vengono ora previste anche le aree sociali, prima realizzate sui “residuati”
delle costruzioni e si pianifica la viabilità, ponendo fine a quei “limiti”
tuttora presenti in alcune zone. Basti pensare, ad esempio, ad aree quali
Donnanna, Petra, via dei Normanni e Sant’Angelo dove, nel 1994, nelle more del
ricorso amministrativo in atto (nei confronti dell’allora sindaco Caputo,
eletto a giugno 1993. Il ricorso venne poi definito a giugno 1994) il
commissario dell’epoca approvò quattordici lottizzazioni concepite dalla
precedente amministrazione di centrosinistra sulla base del Piano pluriennale
di attuazione.
Il Prg è lo strumento che consente di programmare e pianificare su più fronti,
tutelando l’agricoltura e i vari appezzamenti, ad esempio, e incentivando lo
sviluppo turistico prevedendo la possibilità di realizzare strutture turistiche
e ricettive sul lungomare. Possibilità che, tuttavia, solo pochissimi privati
hanno sfruttato.
Con l’adozione del Piano regolatore generale vengono quindi definite le varie
zone della città alle quali viene assegnata una specifica destinazione. Adotta
il nuovo Piano nelle more di approvazione in caso di “contrasto” con quanto
invece prevedeva il Programma di Fabbricazione, vengono adottate le cosiddette
misure di salvaguardia e le aree in questione vengono messe in “stand-by” fino
alla definitiva approvazione del Prg che giunge nel 2001; è il caso, tra
l’altro, di Frasso, Monachelle, Crosetto. Con il Prg si sviluppano anche le
zone di Tornice e via Galeno, mentre si dà impulso ad un sistema viario che
diventa sempre più funzionale. È in questi anni che lo scalo prende forma per
come si presenta oggi, con un’urbanistica più ragionata, anche sul piano
estetico, e una viabilità tutto sommato efficiente.
La legge urbanistica regionale n. 19/2002 introduce una nuova
e più ampia visione riconoscendo un rapporto di stretta interazione tra la
pianificazione urbanistica e il sistema naturalistico-ambientale. Alla base
delle politiche e della pianificazione territoriale vi è ora la sostenibilità
ambientale così come la tutela del suolo.
È un’ottica più moderna, che tende a determinare i livelli di qualità urbana in
termini di benessere, salubrità, efficienza, sicurezza ed equità degli
interventi antropici, nonché i livelli accettabili della pressione dei sistemi
insediativo e relazionale sull’ambiente naturale. Il Piano regolatore generale
viene quindi sostituito dalPiano Strutturale Comunale (Psc) che
diventa lo strumento principale di pianificazione territoriale e urbanistica a
scala comunale. Rispetto al Prg che si presenta come un prodotto a carattere
normativo prescrittivo, fissando in maniera rigida le modalità d’uso del suolo,
il Psc ha carattere più flessibile e persegue, sostanzialmente, tre obiettivi:
promozione dello sviluppo locale mediante la tutela e valorizzazione del
paesaggio e delle risorse ambientali, naturali ed antropiche (storico
culturali); miglioramento della qualità della vita e della sicurezza dei
cittadini mediante la promozione della qualità ambientale ed il controllo dei
rischi; assetto sostenibile del territorio e dell’uso del suolo, sulla base
delle specifiche caratteristiche delle condizioni ambientali. In sintesi il
Psc: classifica il territorio comunale in urbanizzato, urbanizzabile, agricolo
e forestale. È poi nel Pot (Piano operativo temporale) che spetta a ciascun
sindaco, che vengono individuate le aree di nuova edificazione o
riqualificazione da sottoporre di norma a Piano attuativo unitario.
Sulla base delle caratteristiche demografiche e della media di abitanti per
ciascun comune calabrese, nella nuova legge urbanistica la Regione promuove la
realizzazione di un sistema di Piani strutturali in forma Associata
(Psa) da redigersi fra diversi comuni. La visione, qui, diventa d’area
vasta, con l’obiettivo di giungere ad uno sviluppo omogeneo territoriale allo
scopo, tra l’altro, di: valorizzare al meglio risorse che acquistano valore
solo su scala sovracomunale (si pensi ad attività turistiche realizzabili solo
attraverso “itinerari” che coinvolgono più comuni); gestire in
associazione servizi ed infrastrutture che richiedono, per essere economicamente
realizzabili, soglie di popolazione che spesso i piccoli comuni da soli non
raggiungono, in special modo nei settori della raccolta dei rifiuti solidi
urbani e delle strutture di protezione civile.
Insomma, una filosofia del tutto nuova che
perfeziona l’intuizione già avuta con i Piani regolatori integrati, da queste
parti mai attuati, attorno alla quale si sviluppa grande interesse. Tra
l’altro, nelle linee guida della legge 19/2000 si trova il riferimento ai
centri di Rossano e Corigliano “fra pochi anni di fatto uniti come anticipano i
segni della conurbazione in atto” la cui presenza “deve far ripensare il
modello di sviluppo urbano verso dimensioni più sostenibili, contenendo il
consumo di suolo e puntando ad una profonda riqualificazione”. Rossano,
sotto il governo della giunta Filareto aderisce al Psa con i Comuni di
Corigliano, Crosia, Calopezzati, Cassano all’Jonio. Si inizia a programmare
insieme in un’ottica territoriale ma il processo va a rilento ed è ora giunto
in fase di Conferenza di pianificazione. E si dovrà attendere ancora per la
definitiva redazione che dovrà dare un volto nuovo, più moderno e stavolta
integrato allo sviluppo urbanistico che adesso rientra nell’ottica di area vasta.