La manutenzione
ordinaria delle scale, ossia pulizia, illuminazione e tinteggiatura, si divide
in base all’altezza del piano e non sulla scorta dei millesimi di proprietà.
Quando si tratta di dividere
le spese per la pulizia delle scale affidata a una ditta esterna,
spesso in assemblea si registrano contrasti e dissapori. Questo perché non sono
sempre certi i criteri di ripartizione di tali oneri. Sul punto è intervenuta
più volte la Cassazione. Attualmente, l’indirizzo più recente sposato dalla
Corte è quello secondo cui la ripartizione delle spese per la pulizia
delle scale deve avvenire secondo l’altezza del piano. Ma procediamo
con ordine.
Indice
- 1 Come
ripartire le spese di pulizia delle scale?
- 2 Chi
deve pagare le spese di pulizia delle scale?
- 3 Riepilogando
Come ripartire le spese di pulizia
delle scale?
In caso di manutenzione
straordinaria delle scale, la ripartizione delle spese avviene per metà in
ragione dell’altezza del piano e per metà in base ai millesimi di proprietà dei
singoli condomini. I proprietari degli immobili siti sul medesimo piano
pagheranno quindi la stessa quota in relazione all’altezza, ma una quota
diversa in rapporto ai millesimi del rispettivo appartamento.
PUBBLICITÀ
Regole diverse invece
valgono per la manutenzione ordinaria ossia per quanto
riguarda la ripartizione delle spese per la pulizia delle scale e
per l’illuminazione delle stesse. Sempre che il regolamento di
condominio non disponga diversamente (regolamento che, in tal caso, per essere
valido dovrà essere approvato all’unanimità), secondo la Cassazione [1],
le spese per la pulizia delle scale vanno suddivise solo
in base al criterio dell’altezza del piano. Dunque, i millesimi non
contano, così come non conta la destinazione dell’immobile (se ad uso ufficio o
ad uso abitativo). Con la conseguenza che chi vive al primo piano e ha un
appartamento molto grande pagherà di meno di chi vive all’ultimo e ha un
appartamento più piccolo. L’uso intensivo delle scale, dovuto alla particolare
destinazione di alcuni appartamenti (ad esempio a uso uffici, studi
professionali, ecc.) è ininfluente sia ai fini della ripartizione degli oneri
di manutenzione e sostituzione, sia ai fini delle spese di pulizia,
illuminazione e tinteggiatura.
Resta ferma la possibilità
per l’assemblea di approvare le cosiddette tabelle millesimali d’uso
e/o delle scale, redatte da tecnici abilitati e pensate solo per ripartire
le spese ordinarie delle scale o, in altri casi, dell’ascensore.
Per la Cassazione, «i
condòmini sono tenuti a contribuire alla relativa spesa in ragione dell’utilità
che la cosa comune è destinata a dare a ciascuno». E le scale «costituiscono
delle parti comuni destinate a servire i condòmini in misura diversa, in quanto
i proprietari dei piani inferiori normalmente non usano il tratto che conduce
ai piani superiori».
In altri termini, a parere dei giudici della Suprema corte, chi risiede ai piani superiori calpesta un numero maggiore di gradini rispetto a chi abita i piani più bassi; pertanto, consumando e sporcando di più il pavimento del condominio, è tenuto a pagare una quota maggiore. È però anche vero che, laddove il condominio sia dotato di ascensore, chi vive all’ultimo piano sceglierà quasi mai le scale, il cui utilizzo resterà “potenziale”.
In altri termini, a parere dei giudici della Suprema corte, chi risiede ai piani superiori calpesta un numero maggiore di gradini rispetto a chi abita i piani più bassi; pertanto, consumando e sporcando di più il pavimento del condominio, è tenuto a pagare una quota maggiore. È però anche vero che, laddove il condominio sia dotato di ascensore, chi vive all’ultimo piano sceglierà quasi mai le scale, il cui utilizzo resterà “potenziale”.
Chi deve pagare le spese di
pulizia delle scale?
Le spese di manutenzione e
sostituzione delle scale, e relativi pianerottoli, sono finalizzate alla
conservazione di questa parte comune dell’edificio. Pertanto vi devono
contribuire tutti i condomini, compresi i proprietari di autorimesse,
laboratori e negozi, ancorché aventi accesso autonomo e quindi indipendente da
quello destinato agli altri piani dell’edificio, nonché di seminterrati senza
accesso ad altri piani. Il principio è stato sancito dalla Corte di
Cassazione [2] e ribadito dalla Corte d’Appello di
Milano [3] perché le scale costituiscono parte essenziale
della comune proprietà.
Riepilogando
Spese di manutenzione e
sostituzione delle scale: da ripartire per metà secondo
millesimi e metà in base all’altezza di ciascun piano dal suolo. Il criterio è
modificabile solo all’unanimità dei condomini.
Spese di pulizia,
illuminazione e tinteggiatura: da ripartire fra i
condomini in base all’altezza di ciascun piano dal suolo. Criterio modificabile
a maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore
dell’edificio (500/1.000).
note
[1] Cass.
sent. 432/2007. «In tema di condominio negli edifici, la ripartizione della
spesa per la pulizia delle scale va effettuata in base al criterio
proporzionale dell’altezza dal suolo di ciascun piano o porzione di piano a cui
esse servono, in applicazione analogica, “in parte qua”, dell’art. 1124 c.c.,
il quale segue, con riferimento al suddetto criterio, il principio generale
posto dall’art. 1123 comma 2 c.c., della ripartizione della spesa in
proporzione all’uso del bene e trova la propria ratio nella considerazione di
fatto che i proprietari dei piani alti logorano le scale in misura maggiore
rispetto ai proprietari dei piani bassi. (Nell’affermare tale principio, la
S.C. ha anche precisato che, ai fini della ripartizione della spesa suddetta,
deve considerarsi invece ininfluente la destinazione in atto delle singole
unità immobiliari)».
[2] Cass.
sent. n. 2328 del 6.06.1977.
[3] Trib.
Milano,
sent. del 3.07.1992.
Cassazione civile, sez. II,
12/01/2007, (ud. 17/11/2006, dep.12/01/2007), n. 432
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato l’il
giugno 1999 P.A. conveniva il Condominio di via (OMISSIS), in (OMISSIS), di cui
faceva parte, davanti al Tribunale di Roma, chiedendo che venisse dichiarata la
nullità della delibera assembleare in data 30 aprile 1999 con la quale erano
stati approvati il bilancio consuntivo per l’anno 1998 e preventivo per l’anno
1999, lamentando, tra l’altro, l’illegittimità della ripartizione delle spese
inerenti alla pulizia delle scale, in quanto operata secondo la tabella
millesimale di proprietà e non sulla base della effettiva utilizzazione del
bene comune da parte dei singoli condomini, in considerazione del fatto che
quattro dei cinque piani dell’immobile, di proprietà di un unico condomino,
erano adibiti ad albergo.
Il condominio, costituitosi,
resisteva alla domanda, che veniva accolta dal Tribunale di Roma con sentenza
in data 20 novembre 2000.
Il condominio proponeva
appello, che veniva rigettato dalla Corte di appello di Roma, con sentenza in
data 5 marzo 2003, in base alla seguente motivazione:
Pure infondato è il quarto
motivo di impugnazione con il quale si assume la conformità a legge dei criteri
di ripartizione in base alle tabelle millesimali adottati dal condominio. In
proposito insegna il Supremo Collegio (cfr., Cass., sez. 2^ civ., 13 luglio
1996 n. 6359) che “in tema di condominio di edifici, il criterio di
ripartizione delle spese per la conservazione ed il godimento delle parti
comuni, previsto dal comma 1 dell’art. 1123 c.c. non si applica quando si
tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, per le quali,
a meno che non vi sia un diverso accordo delle parti, il criterio è, invece,
quello della proporzionalità tra spese ed uso stabilito dal comma 2 del
medesimo articolo”. Ora, è del tutto evidente che nel caso di specie l’uso che
in concreto veniva fatto delle scale e dell’impianto di illuminazione era ben
diverso in quanto l’albergo Locarno, che occupa quattro dei cinque piani dello
stabile, proprio per la sua attività, comporta continuo andirivieni di persone
che certo non può essere paragonato a quello che comporta un singolo
appartamento di un condomino. Bene dunque il primo giudice ha tenuto conto del
diverso uso in concreto fatto dei beni comuni in considerazione della
particolare ed oggettiva situazione dell’immobile.
Contro tale decisione ha
proposto ricorso per Cassazione, con tre motivi, il Condominio di via
(OMISSIS), in (OMISSIS).
Resiste con controricorso
P.A..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si
deduce testualmente:
Violazione e falsa
applicazione dell’art. 1223 c.c., comma 2 e art. 69 c.c. disp. att. in
relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
Come si è detto nella
premessa, il sig. P.A. ha impugnato la delibera di approvazione dei bilanci
consuntivo del 1998 e preventivo del 1999, assumendo, nella sostanza, che la
ripartizione adottata dall’assemblea relativamente alle spese condominiali (di
pulizia e manutenzione impianto elettrico e per consumi Italgas) sarebbe
“ingiusta” e non conforme ai criteri di cui all’art. 1223 c.c., comma 2, non
essendosi tenuto conto della maggiore effettiva utilizzazione del “bene comune”
da parte della Finaquila, la quale ha adibito gli immobili di sua proprietà (4
piani su 5 dell’edificio) ad uso alberghiero.
Sia il Tribunale che la
Corte hanno ritenuto applicabile l’articolo citato, con conseguente
annullamento della delibera impugnata, sul presupposto peraltro non provato, di
un maggiore uso effettivo da parte della ricorrente.
Tale decisione, come
denunciato in epigrafe, è giuridicamente illegittima. Nel giudizio di merito
risulta pacifico che la ripartizione delle spese ed i bilanci consuntivo e
preventivo impugnati, sono stati approvati dall’assemblea sulla base di tabelle
millesimali regolarmente adottate dal condominio e mai modificate. Ne consegue
che la Corte d’Appello ha fatto un uso non pertinente della norma di cui al
citato articolo 1223 c.c., comma 2, giacchè non può essere posto in dubbio che
in presenza di una convenzione sulla ripartizione delle spese condominiali
costituita proprio dalle tabelle millesimali regolarmente approvate
dall’assemblea (come nel caso di specie), la ripartizione di dette spese possa
avvenire solo sulla base di esse. Lo stesso art. 1123 c.c., fa riferimento alla
“convenzione” che prevale sulla stessa regola della divisione tra i condomini
delle spese “in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno” dei
condomini posta dalla norma, ponendo per l’appunto il principio della
prevalenza del regolamento contrattuale.
E’ tra. l’altro pacifico in
giurisprudenza che in tema di condominio di edifici, qualora le tabelle
millesimali allegate al regolamento condominiale contrattuale non abbiamo
formato oggetto di modifica con il consenso unanime di tutti i condomini ovvero
con sentenza del Giudice a norma dell’art. 69 disp. att. c.c., nonostante le
variazioni di consistenza delle singole unità immobiliari a seguito delle
mutate condizioni dell’edifico, la ripartizione delle spese condominiali e
legittimamente effettuata in conformità delle tabelle stesse, con la conseguenza
che il condomino richiesto della quota di pertinenza, ove intenda contestare il
criterio di ripartizione deve proporre domanda, anche riconvenzionale di
revisione o modifica delle tabelle ai sensi del citato art. 69 nei confronti di
tutti i condomini (vd. Cass. 31.5.88 n. 3701).
Il P. avrebbe quindi dovuto
richiedere la modifica delle tabelle millesimali in essere e sulla base delle
quali era stato approvato il bilancio consuntivo e preventivo, per evitare
l’applicazione degli (a suo pretestuoso dire) iniqui criteri di ripartizione
delle spese da esse previsti. E’ certa quindi l’erroneità – e già per questo
primo assorbente motivo la sentenza dovrà essere cassata – dell’applicazione
dell’art. 1223 c.c., comma 2, effettuata sia dal Tribunale che dalla Corte, in
presenza, si ribadisce, di un regolamento contrattuale (le tabelle millesimali)
mai impugnato da alcuno dei condomini e sulla base del quale legittimamente il
condominio ha provveduto all’approvazione dei bilanci inspiegabilmente
annullati dal Giudice di merito.
In realtà il problema è
diverso e riguarda il criterio da applicare per la ripartizione delle spese in
questione (comma 1 e 2 dell’art. 1123 cod. civ.).
Con il secondo motivo si
deduce testualmente: Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su
punto essenziale della controversia, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ.,
n. 5.
Con il terzo motivo di
ricorso, l’esponente lamentava che il Tribunale aveva dato per accertati i
criteri di ripartizione delle spese in mancanza di specifica prova, ed anzi non
tenendo in alcuna considerazione le determinazioni che l’assemblea aveva a suo
tempo adottate (mai impugnate). La Corte d’Appello, senza spendere alcuna reale
motivazione, ha rigettato il gravame assumendo che le tabelle di riferimento
risultassero “per tabulas” dagli atti.
La Corte, in tal maniera, è
rimasta debitrice della motivazione in ordine alla irrilevanza delle tabelle
cd. “TAB C” ed allegate in primo grado sub doc. 2, che l’assemblea aveva
specificamente approvato.
Tenendo anche conto del
fatto che si verte in materia patrimoniale e pertanto perfettamente disponibile
tra le parti, la Corte avrebbe dovuto quanto meno chiarire perchè una delibera
assembleare al riguardo, mai impugnata e non più impugnabile, avrebbe dovuto
essere disattesa in mancanza di qualsivoglia revisione. Anche sotto questo
profilo, pertanto, l’impugnata sentenza appare meritevole di essere riformata.
Entrambi i motivi, i quali
possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione della loro
connessione, sono infondati, in quanto presuppongono che le spese di cui si
discute siano state ripartite in difformità da quanto espressamente previsto
dalle tabelle millesimali (e si prospetta, tra l’altro per la prima volta in
questa sede, addirittura il fatto che nella specie era intervenuta la “diversa
convenzione” di cui all’art. 1123 cod. civ., comma 1), mentre il problema è
quello di stabilire se si tratti di spese da ripartire secondo i criteri
contemplati nel comma 1 e 2 dell’art. 1123 cod. civ..
Con il terzo motivo si
deduce testualmente: Violazione e falsa applicazione dell’art. 1123 cod. civ.,
comma 1 e 2, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in
ordine ad un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 cod.
proc. civ., nn. 3 e 5.
Fermi gli assorbenti motivi
di ricorso che precedono, la sentenza non può non essere censurata anche
laddove la Corte d’Appello assume che la delibera condominiale in ordine alla
ripartizione delle spese di pulizia e manutenzione delle scale e dell’impianto
elettrico sarebbe illegittima, in quanto non avrebbe tenuto conto del fatto che
essi sono destinati ad uso in differente misura da parte dei condomini,
approvando così pienamente la decisione del Tribunale.
I giudici di merito, così
ragionando, non si sono avveduti del fatto che, come del resto emerge
chiaramente dall’insegnamento di codesta Ecc.ma Corte Suprema già richiamato
nei precedenti gradi di giudizio, l’art. 1123 cod. civ., comma 2, ha riguardo a
parti comuni che oggettivamente e strutturalmente sono utilizzabili in diversa
misura dai condomini, e non all’uso che concretamente i condomini ne facciano
(Cass., 6 dicembre 1991, n. 13160, in Mass. Foro it., 1991).
Nel caso di specie, appare
innegabile che tanto le scale quanto l’impianto elettrico sono destinati
all’uso in favore di tutte le unità abitative dell’immobile – indipendentemente
dalla situazione di fatto – atteso che non si riesce a vedere come le scale non
servano ad accedere a tutti i piani e l’illuminazione a farlo con sicurezza.
A prescindere poi dal fatto
che il sig. P. è proprietario di un appartamento sito al piano attico dello
stabile, di modo che le scale e l’impianto elettrico sono chiaramente destinati
anche alla sua utilizzazione, il semplice fatto che un albergo occupi altri
quattro piani dell’immobile non esclude che scale ed impianto elettrico servano
parimenti a tutte le unità abitative: seguendo l’assunto dei giudici di merito,
per cui l’esercizio di un albergo giustificherebbe l’applicazione dell’art.
1123 cod. civ., comma 2, porterebbe alle assurde conseguenze profilate
nell’atto di appello, per cui chi decida di non utilizzare mai l’ascensore
dovrebbe essere esentato dalle relative spese od una famiglia numerosa visto
che utilizza le parti comuni con maggiore frequenza di chi vive solo – dovrebbe
sopportare costi maggiori.
In realtà, come più volte
sottolineato da codesta Ecc.ma Corte Suprema, quello che viene in
considerazione – almeno sotto il profilo prettamente condominiale – è
l’oggettiva destinazione della parte comune, che possa essere astrattamente
utilizzabile in pari misura da parte di tutti i condomini, indipendentemente,
appunto, dall’uso che concretamente essi ne facciano: basti considerare che è
un dato di mero fatto che il sig. P. utilizzi le scale in misura minore che non
i clienti dell’albergo, e che ben può iniziare in qualunque momento ad
intensificarne l’uso installando nel proprio appartamento un’attività
commerciale approfittandone per fare attività fisica evitando l’acquisto di
strumenti. Il motivo è fondato nei limiti che verranno in seguito chiariti.
In tema di pulizia delle
scale questa S.C. ha affermato: i condomini sono tenuti a contribuire alla
relativa spesa in ragione dell’utilità che la cosa comune è destinata a dare a
ciascuno (sent. 3 ottobre 1996 n. 8655, che, però, non ha specificato in che
modo, in concreto, la ripartizione della spesa dovrebbe avere luogo);
la disposizione dell’art.
1124 c.c., concernente la ripartizione fra i condomini delle spese di
manutenzione delle scale, riguarda le spese relative alla conservazione della
cosa comune che si rendono necessarie a causa della naturale deteriorabilità
della stessa per consentirne l’uso ed il godimento e che attengono a lavori
periodici indispensabili per mantenere la cosa in efficienza, ma non riguarda,
pertanto, le spese di pulizia delle scale, alle quali i condomini sono tenuti a
contribuire in ragione dell’utilità che la cosa comune è destinata a dare a
ciascuno e che l’assemblea può legittimamente ripartire in virtù delle
attribuzioni riconosciutele dall’art. 1135 cod. civ. (sent. 19 febbraio 1993 n.
2018, la quale ha confermato la decisione di merito che aveva rigettato
l’impugnazione contro una delibera che aveva ripartito le spese per 3/4 secondo
il criterio previsto dall’art. 1124 cod. civ.); i condomini sono tenuti a
contribuire non già in base ai valori millesimali di comproprietà, ma in
relazione all’uso che ciascuno di essi può fare della detta parte comune,
secondo il criterio fissato dal comma 2 dell’art. 1123 cod. civ., con la
conseguenza che l’assemblea può legittimamente ripartire la spesa in questione,
in virtù delle attribuzioni riconosciutele dall’art. 1135 cod. civ. (sent. 24
gennaio 2001 n. 971, la quale ha ritenuto corretta la ripartizione secondo i
criteri previsti dall’art. 1124 cod. civ.).
La prima delle decisioni
citate parte dalla premessa che le scale costituiscono delle parti comuni
destinate a servire i condomini in misura diversa, in quanto i proprietari dei
piani inferiori normalmente non usano il tratto che conduce ai piani superiori;
trattandosi di cose
oggettivamente destinate a permettere ai condomini di goderne in misura
diversa, inferiore o superiore al diritto di comproprietà sulle parti comuni,
le spese andrebbero ripartite in base al criterio previsto dall’art. 1123 cod.
civ., comma 2, che può trovare applicazione con riguardo a qualunque parte
comune dell’edificio.
A tale impostazione, però,
si può muovere l’obiezione che non viene chiarito come, in concreto, la
ripartizione delle spese dovrebbe avvenire, il che è particolarmente rilevante,
perchè in tanto procedersi alla ripartizione delle spese condominiali in
ragione della utilità che la cosa o il servizio comune può dare in quanto tale
utilità sia misurabile (come ad es., avviene per il riscaldamento, in cui si fa
riferimento alla superficie radiante dei termosifoni installati nelle singole
unità immobiliari in proprietà esclusiva).
La seconda decisione citata,
poi, cade in contraddizione, in quanto parte dalla premessa della
inapplicabilità dell’art. 1124 c.c., comma 1, e poi ritiene valida una
ripartizione effettuata per 3/4 secondo il criterio previsto da tale
disposizione).
La terza decisione citata,
poi, ha ritenuto legittima una ripartizione effettuata secondo i criteri
previsti dall’art. 1124 cod. civ., senza spiegare perchè, in definitiva, tale
disposizione dovrebbe considerarsi una applicazione particolare del principio
generale di cui all’art. 1123 cod. civ., comma 2, e come sarebbe compatibile
con tale disposizione la ripartizione di metà delle spese secondo i millesimi
di proprietà.
In entrambe le decisioni non
viene, poi, indicato il fondamento normativo della attribuzione all’assemblea
del potere discrezionale (inteso come individuazione del criterio in concreto
applicabile) di ripartire tra i condomini tali spese, che non può essere
individuato nel fatto che l’art. 1135 cod. civ., comma 1, n. 2, stabilisce che
l’assemblea provvede all’approvazione del preventivo delle spese occorrenti
durante l’anno e alla relativa ripartizione tra i condomini, in quanto tale disposizione
va letta in correlazione con l’art. 1123 cod. civ..
In sostanza, l’assemblea
deve provvedere alla ripartizione fra i condomini rispettando i criteri
previsti per le singole spese dagli artt. 1123, 1124 e 1126 cod. civ..
Alla luce delle considerazioni
svolte consegue che con riferimento alle ripartizione delle spese per la
pulizia delle scale, l’assemblea, ai fini della applicazione del principio
affermato dall’art. 1123 cod. civ., comma 2, deve individuare un criterio
idoneo ad esprimere la diversa utilità che da tale servizio ricavano i
proprietari dei singoli piani.
Ritiene il collegio che, a
tal fine, sia possibile una applicazione analogica dell’art. 1124 cod. civ..
Da un lato, infatti, non
sembra che tale disposizione abbia carattere eccezionale, in quanto essa, con
riferimento alle spese interessanti una parte comune dell’edificio
pacificamente destinata a servire in misura diversa i condomini dei diversi
piani (scala) ed in ordine alla cui ripartizione non si potrebbe dubitare della
applicabilità del principio stabilito dall’art. 1123 cod. civ., comma 2,
individua il necessario criterio di carattere oggettivo.
In definitiva, l’art. 1124
cod. civ. è norma speciale e non eccezionale, il che non esclude una sua
applicazione analogica.
La ripartizione delle spese
per la pulizia delle scale secondo quanto previsto dall’art. 1124 cod. civ.,
poi, è conforme alla ratio di tale disposizione, la quale va individuata nel
fatto che, a parità di uso, i proprietari dei piani alti logorano di più le
scale rispetto ai proprietari dei piani più bassi, per cui contribuiscono in
misura maggiore alla spese di ricostruzione e manutenzione.
Ugualmente, a parità di uso,
i proprietari di piani più alti sporcano le scale in misura maggiore rispetto
ai proprietari dei piani più bassi, per cui devono contribuire in misura
maggiore alle spese di pulizia.
Va soltanto chiarito che la
ripartizione delle spese va fatta con applicazione integrale del criterio
dell’altezza di piano; la disposizione contenuta nell’art. 1124 cod. civ.,
comma 1, secondo la quale la metà delle spese per la ricostruzione e
manutenzione delle scale va effettuata in base ai millesimi, deroga, infatti,
in parte a tale criterio (applicativo del principio generale di cui all’art.
112 3 cod. civ., comma 2) e quindi non può trovare applicazione analogica con
riferimento a spese diverse da quelle espressamente considerate.
Il problema della
ripartizione delle spese per la pulizia delle scale si è anche presentato (ed è
quanto avvenuto nel caso di specie) con riferimento alla diversa destinazione
(abitativa o meno) delle singole unità immobiliari o in base alla consistenza
dei nuclei familiari che utilizzano le unità immobiliari a destinazione
abitativa.
Ritiene il collegio che,
contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, in tali ipotesi la
ripartizione delle spese non potrebbe essere effettuata dall’assemblea sulla
base della presunzione di un più o meno intenso godimento delle scale.
E’ sufficiente, in
proposito, ricordare che il riconoscimento di un potere discrezionale
dell’assemblea di ripartizione delle spese sulla base della presunzione in
questione, manca di qualsiasi fondamento normativo, a prescindere dal fatto che
si dovrebbe procedere alla revisione delle tabelle millesimali ogni volta in
cui muti la destinazione delle singole unità immobiliari o la consistenza dei
nuclei familiari che utilizzano le unità immobiliari a destinazione abitativa.
Il ricorso investe anche la
questione della ripartizione delle spese per la illuminazione delle scale. In
materia esiste un solo precedente di questa S.C., che ha ritenuto che tali
spese (al pari di quelle per la pulizia delle scale) servono a permettere ai
condomini un più confortevole uso o godimento delle cose comuni e di quelle
proprie, con la conseguenza che ad esse i condomini sono tenuti a contribuire
non già in base ai valori millesimali di comproprietà, ma in base all’uso che
ciascuno di essi può fare delle scale, secondo il criterio fissato dall’art.
1123 cod. civ., comma 2 (sent.3 ottobre 1996 n. 8657), senza peraltro indicare
il criterio obiettivo da applicare in modo da assicurare il rispetto del
principio stabilito da tale norma.
Il collegio concorda sul
fatto che tali spese attengono ad un servizio del quale i condomini godono (o
al quale danno causa) in misura maggiore o minore a seconda dell’altezza di
piano: è sufficiente, in proposito, considerare che il proprietario dell’ultimo
piano utilizza l’illuminazione di tutta la tromba delle scale, mentre il
proprietario del primo piano utilizza solo l’illuminazione della prima rampa.
Sulla base di tali premesse,
non essendo possibile individuare un diverso criterio oggettivo di ripartizione
delle spese e non potendosi, per le considerazioni svolte, riconoscere
all’assemblea un potere discrezionale in tale materia, sussistono le condizioni
per una applicazione analogica dell’art. 1124 cod. civ., data la identità di
ratto.
Anche in tal caso, per
quanto già detto, andrà applicato per intero il criterio della altezza di
piano.
Si può solo aggiungere che,
con riferimento alle spese in questione (contrariamente a quanto ritenuto dalla
sentenza impugnata) non sarebbe neppure ipotizzabile dal punto di vista logico
(a prescindere dalla mancanza di un fondamento normativo) una ripartizione
basata sulla diversa destinazione (abitativa o meno) delle singole unità
immobiliari o sulla consistenza dei nuclei familiari che utilizzano le unità
immobiliari a destinazione abitativa. Il consumo di energia elettrica, infatti,
è lo stesso al prescindere del numero delle persone che accedono alle singole
unità immobiliari.
Alla luce delle
considerazioni svolte, non essendosi la Corte di appello di Roma attenuta a
corretti criteri di ripartizione delle spese di pulizia e di illuminazione
delle scale, il terzo motivo del ricorso va accolto, con cassazione della
sentenza impugnata e rinvio della causa, per un nuovo esame, ad altra sezione
della stessa Corte di appello di Roma, che provvederà anche in ordine alle
spese del giudizio di legittimità. Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2007
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi due
motivi del ricorso; accoglie il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata, con
rinvio, anche per le spese del giudizio di Cassazione, ad altra sezione della
Corte di appello di Roma.
Così deciso in Roma, il 17
novembre 2006.
PER SAPERNE DI PIU',CLICCA QUI
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.