18 giugno 2013 CAMBIA LA VITA NEL CONDOMINIO UNISCITI A NOI IN DIFESA DEI DIRITTI DEI CONDOMINI

18 giugno 2013 CAMBIA LA VITA NEL CONDOMINIO UNISCITI A NOI IN DIFESA DEI DIRITTI DEI CONDOMINI

mercoledì 16 settembre 2015

Gli effetti diretti della L. 7 agosto 2015 n. 124 sulle attività economiche: le novità in tema di s.c.i.a., silenzio-assenso e autotutela

Come anticipato nello scritto su “Poteri di autotutela della pubblica amministrazione e illeciti edilizi” pubblicato su questa rivista il 15 luglio scorso, la legge delega per la riforma della p.A., che, per uno strano ritorno dei numeri e delle date, è stata approvata il 7 agosto (2015) con il n. 124, è intervenuta direttamente, con efficacia dal 28 agosto scorso, su alcune disposizioni chiave della l. 7 agosto 1990 n. 241. In particolare, proseguendo nel percorso più timidamente avviato (con riferimento alla s.c.i.a. e alla revoca) dalle c.d. norme "sblocca Italia", la riforma ha prestato particolare attenzione al regime dell’autotutela, cercando un difficile contemperamento tra l’esigenza di assicurare il rispetto della legalità e quella di garantire gli operatori e, soprattutto, gli investitori, della stabilità dei titoli di abilitazione all'esercizio di attività economiche e, in termini più generali, al godimento di benefici. Raccogliendo le sollecitazioni di chi, già da tempo, aveva denunciato i rischi derivanti dalla scarsa garanzia di stabilità dei c.d. strumenti di semplificazione del sistema autorizzatorio e recependo buona parte delle proposte richiamate nelle citate “Riflessioni”, la legge è reintervenuta specificamente anche sul regime della s.c.i.a. e del silenzio-assenso sui procedimenti a istanza di parte, eliminando alcune, gravi, contraddizioni della relativa disciplina nella l. n. 241 del 1990 (in particolare, il grave regime sanzionatorio previsto dall'art. 21, comma 2, e l’illogico richiamo, nell'art. 19, agli artt. 21-quinquies e 21-nonies - relativi a provvedimenti di secondo grado - in riferimento a titoli fondati su atti di diritto privato). Per un quadro più completo del nuovo sistema, si ricorda che la l. 11 novembre n. 164 (di conversione del d.l. 11 settembre 2014 n. 133, c.d. decreto “sblocca Italia”) ha circoscritto il potere di revoca disciplinato dall’art. 21-quinquies l. n. 241/1990 (introdotto a sua volta dalla riforma del 2005), chiarendone l’utilizzabilità soltanto nei confronti di atti ad efficacia durevole e subordinandone l’esercizio a condizioni più rigorose. Fermo l’obbligo di indennizzo, nel nuovo testo della disposizione, i provvedimenti amministrativi possono essere invero revocati, fuori dai “classici” “sopravvenuti motivi di pubblico interesse”, in caso di mutamento della situazione di fatto, soltanto se esso non era “prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento”, mentre la revoca per nuova valutazione dell'interesse pubblico originario è comunque esclusa per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici. Restava peraltro illogicamente confermato il dibattuto co. 1-bis, che (oltre a fare irragionevole riferimento alla revoca di atti “ad efficacia durevole o istantanea”), applicando all’istituto concetti e principi che più correttamente attengono alla categoria dell'annullamento, nel limitare l’indennizzo per la revoca incidente su rapporti negoziali al mero danno emergente, impone di tener conto “sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico”. Nonostante le ripetute sollecitazioni in tal senso, la l. n. 124 ha perso un'importante occasione per eliminare la disposizione, che, vieppiù alla luce del nuovo regime dell'annullamento, rischia di creare elementi di grave incertezza. L'effettività delle regole che disciplinano i confini del potere amministrativo presuppone invero la chiarezza e il rispetto di quelli delle categorie provvedimentali e la conseguente valutazione (della legittimità) degli atti alla stregua del loro contenuto sostanziale, quale che ne sia la qualificazione formale (chiarissimo, in tal senso, l'insegnamento della CEDU in tema di individuazione delle sanzioni alla stregua dei c.d. Engel criteria, ma anche la consolidata giurisprudenza interna sull'irrilevanza del nomen ai fini della applicazione delle regole dell'una o dell'altra tipologia giuridica, confermata dalla sentenza n. 14 del 2014 dell'Adunanza plenaria a proposito della necessaria distinzione tra revoca e recesso). In quest'ottica devono essere, evidentemente, lette e applicate, pena la violazione dei principi costituzionali e euro-unitari di buona amministrazione e certezza del diritto, anche le nuove disposizioni in vigore dal 28 agosto 2015... (segue)

sabato 12 settembre 2015

Il fisco non risponde dopo 220 giorni? Si può annullare la cartella

Novità in materia fiscale per quanti sono finiti nel mirino dell'Agenzia delle Entrate. Se la cartella esattoriale o qualsiasi altro atto di Equitalia è illegittimo il contribuente può fare una semplice istanza e se non ottiene risposta entro 220 giorni il debito si annulla definitivamente. Lo ha stabilito la Commissione Tributaria Provinciale di Milano

Se la cartella esattoriale o qualsiasi altro atto di Equitalia è illegittimo il contribuente può fare una semplice istanza e se non ottiene risposta entro 220 giorni il debito si annulla definitivamente. Ciò è quanto stabilito da una innovativa sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, la quale ha provveduto ad annullare una serie di cartelle esattoriali a carico di un imprenditore lombardo per centinaia di migliaia di euro affermando sostanzialmente l’esistenza del diritto all’annullamento del debito tributario per silenzio/assenso a seguito della mancata risposta dell’Agenzia delle Entrate all’istanza del contribuente (si veda sentenza  n.5667/40/15 depositata il 23/06/2015, presidente dott. Pier Camillo Davigo, liberamente visibile su www.studiolegalesances.it – sezione Documenti).

Tutto ha origine da alcune disposizioni emanate con la Finanziaria del 2013 (legge n.228/2012); in pratica, la norma prevede che entro novanta giorni dalla notifica di un qualsiasi atto da parte del concessionario della riscossione, il contribuente possa fermare tale azione con una semplice istanza. Al fine di comprendere meglio la portata della norma, si consiglia di leggere l’articolo 1, comma 537, della legge n.228/2012 laddove prevede espressamente che i “concessionari per la riscossione sono tenuti a sospendere immediatamente  ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate, su presentazione di una dichiarazione da parte del debitore…”.

A seguito del deposito della dichiarazione al concessionario, dunque, quest’ultimo è tenuto ad avvisare l’ente competente – che potrebbe essere, ad esempio, l’Inps per i contributi previdenziali, l’Agenzia delle Entrate per i tributi, gli enti locali per le sanzioni amministrative, etc… – il quale a sua volta deve rispondere al contribuente (comma 539). Ovviamente, come già anticipato, la parte più importante della norma è sicuramente quella che stabilisce le conseguenze derivanti dalla mancata risposta dell’ente impositore. Infatti, il comma 540 prevede che “trascorso inutilmente il termine di duecentoventi giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore allo stesso concessionario della riscossione, le partite … sono annullate di diritto…”.

Proprio in forza delle predette norme, i giudici di Milano non hanno potuto fare altro che constatare la mancata risposta dell’Agenzia delle Entrate di Milano e dunque accertare l’annullamento del debito tributario.
Nello specifico, infatti, i giudici dichiarano “Gli atti emessi dall’Ufficio risultano illegittimi per la mancata risposta dell’Agenzia delle Entrate alle istanze di annullamento proposte dal ricorrente. Il contribuente, come evidenziato nel ricorso introduttivo, ha lamentato la mancata risposta dell’ente impositore alle due istanze presentate ai sensi dell’art. 1, commi 537 e seguenti della legge n.228/2012” (pagina 2 della sentenza). Ci si augura, dunque, che tale pronuncia possa contribuire a creare un nuovo clima di collaborazione tra Fisco e contribuente, soprattutto in virtù del fatto che l’inerzia del Fisco può creare gravi conseguenze alle casse dell’Erario.
FONTE http://www.affaritaliani.it/

martedì 8 settembre 2015

TASI abolizione e risparmi

Abolizione TASI in Italia anche senza il placet UE: Renzi conferma l'addio alla tassa dal 2016, mentre arrivano i calcoli sui risparmi

Nonostante la UE non approvi il progetto del Governo italiano di abolizione TASI sulle prime case (quelle non di lusso), ritenendola poco efficace in un’ottica di crescita, il premier Matteo Renzi tuttavia non cambia programmi e rimanda al mittente le dichiarazioni di scetticismo:
«Le tasse le abbassiamo da soli, non ce lo facciamo dire da Bruxelles cosa tagliare o no».
Anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega agli affari europei, Sandro Gozi, fa notare:
«Il Governo italiano presieduto da Matteo Renzi ha tutta l’autorevolezza e la credibilità in Europa per proseguire in piena autonomia il percorso riformatore e, quindi, anche le modalità con cui decidere la riforma del fisco e il taglio delle tasse che, è evidente a tutti, sono molto, anzi troppo, alte nel nostro Paese».
Così l’Esecutivo si prepara a predisporre entro il 20 settembre il Documento di Economia e Finanza (DEF) con la stima delle spese sulla base delle quali verrà poi costruita la prossimaLegge di Stabilità 2016, nella quale si prevede che venga inserita anche l’abolizione dellaTASI sulle prime case non di lusso.
Abolizione TASI: i risparmi
L’Ufficio studi della CGIA di Mestre valuta un risparmio medio per le famiglie italiane (che sono 19 milioni) di 204 euro. Per le abitazioni di categoria A2 le minori tasse saranno pari a 227 euro l’anno, per quelle A3 a 120 euro. Volendo ipotizzare anche l’abolizione TASI per quelle signorili o ville, il risparmio sarebbe di ben 1.830 euro, mentre per i castelli di 2.280 euro. Se il Governo abolisse anche l’IMU sugli immobili di lusso il risparmio sarebbe di circa 2.000 euro.
FONTE PMI:
                

giovedì 3 settembre 2015

Regolamento Edilizio: i titoli abilitativi per costruire o ristrutturare

Dopo 15 anni il Comune di Milano ha adottato il nuovo Regolamento Edilizio che definisce le caratteristiche e i requisiti tecnici che devono avere gli immobili da costruire o ristrutturare, nonché i titoli abilitativi necessari per iniziare i lavori.
La costruzione o ristrutturazione di un immobile richiede il rispetto di requisiti tecnici che sono definiti localmente con ilRegolamento Edilizio. Dopo 15 anni il Comune di Milano ha adottato un nuovo Regolamento in vigore dal 26 novembre scorso, le cui disposizioni si applicano a tutti i titoli edilizi (permessi di costruire, DIA, SCIA, Comunicazioni di Inizio Lavori) seguenti a questa data. Le disposizioni del vecchio Regolamento edilizio del 1999, invece, continuano ad applicarsi alle varianti apportate ai titoli già validi ed efficaci, all’istruttoria e al successivo rilascio di titoli edilizi relativi a istanze protocollate prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni, nonché alle pratiche ricadenti nell’ambito di applicazione delle norme transitorie del PGT (Piano di Governo del Territorio). Ma quando occorre presentare la S.C.I.A., la D.I.A. e il Permesso di Costruire secondo quando disposto nel nuovo RE di Milano? Innanzitutto occorre precisare che nel nuovo Regolamento, il Comune meneghino ha fatto una distinzione tra interventi edilizi minori e interventi edilizi maggiori.
 Rientrano negli interventi edilizi minori:
§   manutenzione ordinaria;
§   manutenzione straordinaria;
§   restauro e risanamento conservativo;
§   demolizione, ove richiesta come intervento autonomo;
§   realizzazione dei parcheggi pertinenziali;
§   costruzione dei manufatti provvisori per lo sport;
§   interventi di rimozione dell’amianto;
§   interventi in materia energetica (ad esempio realizzazione impianto fotovoltaico o solare termico non connessi ad altre opere);
§   interventi in materia di verde.
Sono invece compresi negli interventi edilizi maggiori:
§  ristrutturazione edilizia;
§   sostituzione edilizia (demolizione e ricostruzione con la stessa superficie lorda complessiva del preesistente);
§   nuova costruzione;
§   ristrutturazione urbanistica.
Per realizzare questi interventi è necessario dotarsi di permessi specifici. Vediamo nei dettagli quali sono.
Innanzitutto si precisa che vi sono alcuni interventi edilizi liberi, che non necessitano di titoli abilitativi o preventive comunicazioni (art. 6, comma 1, del D.P.R. 380/2001). L’attività edilizia libera comprende gli interventi di manutenzione ordinaria e quelli volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio.
Interventi edilizi minori
 Non necessitano di titolo abilitativo ma solo di una Comunicazione Inizio Attività Edilizia Libera (C.I.A.L.)all’amministrazione comunale gli interventi di manutenzione straordinaria, compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio. I lavori possono partire immediatamente e concludersi entro 3 anni dalla presentazione della C.I.A.L. corredata da una relazione tecnica a firma di un professionista abilitato, il quale assevera, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati, ai regolamenti edilizi vigenti. Nella C.I.A.L. vanno inoltre indicati i dati identificativi dell’impresa alla quale si intende affidare i lavori.
 Nel caso di opere di restauro/risanamento conservativo o interventi di manutenzione straordinaria che comportano rinnovi e/o sostituzione di parti strutturali degli edifici, nonché contestuali modifiche di destinazioni d’uso con aggravio di dotazione di servizi o comunque non rientranti nell’attività edilizia libera, per eseguirle occorre presentare la S.C.I.A. (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), anche a mezzo posta con raccomandata e avviso di ricevimento. La segnalazione certificata di inizio attività è sottoposta al termine massimo di efficacia di tre anni dalla data della presentazione e il soggetto interessato è tenuto a comunicare anche la data di ultimazione dei lavori.
Interventi edilizi maggiori
Nel caso di nuova costruzione e ampliamento, ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione con la stessa superficie preesistente, o anche senza demolizione e ricostruzione, restauro e risanamento conservativo è necessario presentare laDenuncia di Inizio Attività (D.I.A.). I lavori potranno essere intrapresi decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della Denuncia ed entro un anno dalla data di efficacia, a pena di decadenza della DIA stessa. I lavori devono essere ultimati entro tre anni dall’inizio dei lavori, fatta salva diversa disposizione di Legge. La realizzazione della parte di intervento non ultimata nel predetto termine è subordinata a nuova denuncia, in quanto non è prevista dalla normativa la proroga alla DIA.

Gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia invece sono subordinati al rilascio del Permesso di Costruire. Come si specifica nel nuovo Regolamento Edilizio di Milano, i lavori possono iniziare dal giorno in cui viene rilasciato il Permesso da parte del Comune, anche per silenzio assenso, e comunque entro un anno da tale data. I lavori però devono concludersi entro tre anni dal rilascio o silenzio assenso.
fonte http://www.cosedicasa.com/regolamento-edilizio-i-titoli-abilitativi-per-costruire-o-ristrutturare-72623/